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Urso, governo in rotta di collisione con l’Ue sul Green Deal

Italia frena su tappe e modalità della transizione ambientale

Bruxelles, 2 mar. (askanews) – E’ sulla strategia del Green Deal che l’attuale governo italiano ha imboccato una rotta di collisione nei riguardi della Commissione europea, e anche della maggioranza dell’Europarlamento e dei governi degli Stati membri. Lo ha confermato il ministro delle Imprese e Made in Italy, Adolfo Urso, oggi a Bruxelles, parlando con la stampa al termine del Consiglio Competitività dell’Ue. Urso ha rimesso in discussione non tanto il Green Deal originario, che la Commissione di Ursula von der Leyen fin dall’inizio del suo mandato, a fine 2019, aveva proposto come nuova strategia di crescita economica dell’Unione, quanto la doppia scelta dell’Esecutivo comunitario di rafforzare e accelerare la transizione ecologica, invece di rallentarla e riadattarla al ribasso, in risposta prima alla crisi causata dalla pandemia di Covid, poi alle conseguenze (soprattutto sul piano energetico) della guerra russa in Ucraina. Sono state aggiunte delle tappe forzate e ravvicinate al percorso verso la neutralità climatica (obiettivo da raggiungere entro il 2050), e tra queste l’obbligo di zero emissioni per le nuove auto immesse sul mercato Ue dal 2035 (approvato dal Parlamento europeo il 14 febbraio scorso, e bloccato in Consiglio Ue proprio dall’Italia in questi giorni), o la proposta della Commissione per i nuovi standard Euro 7 per tutte le emissioni auto, o quella più recente che pone l’obiettivo di riduzione del 90% al 2040 per le emissioni di camion pesanti e autobus. Il governo italiano, ha affermato Urso, rimette tutto questo in discussione. “Bisogna modificare – ha detto – le tappe e le modalità di quegli appuntamenti, perché siano sostenibili”. Ma il Green Deal non riguarda solo il clima, bensì tutte le politiche ambientali. E l’Italia, ha indicato il ministro, chiede esplicitamente di rivedere anche la proposta della Commissione sui rifiuti da imballaggi (che puntano sul riuso di certi materiali invece che solo sul loro riciclo), e quella sui prodotti tessili, che dovrebbero rispettare le normative ambientali Ue anche quando sono importate da paesi terzi. Urso su tutto questo ha espresso posizioni molto nette e circostanziate. Ha detto di aver lanciato “un segnale d’allarme, una sveglia” a tutta l’Europa. Ha chiesto “ragionevolezza” e “un cambio di passo”, che significa sostanzialmente una netta frenata, da parte della Commissione europea, rispetto a quella che viene vista come una fuga in avanti verso una visione giudicata “ideologica, messianica, escatologica”, che “appartiene al passato”. E che mette a rischio, ha denunciato il ministro, “la sostenibilità del nostro sistema sociale, che è conseguenza della sostenibilità del nostro sistema produttivo”. Il ministro, inoltre, ha prospettato una strategia di medio termine del governo italiano, che consiste nel tenere su questa linea, cercando alleati fra gli altri paesi membri, fino alle prossime elezioni europee, nel maggio 2024, quando prevede che vi sarà una nuova situazione, con una maggioranza diversa (meno ambientalista) nell’Assemblea di Strasburgo, e con una nuova Commissione, che nell’estate successiva “sorgerà sulla base delle indicazioni dei governi europei”. A dare quelle indicazioni saranno, naturalmente, l’attuale governo italiano e tutti gli altri che saranno passati a nuove maggioranze di centro destra rispetto al 2019. Il ministro ha accusato il Green Deal, così come è articolato dalla Commissione, di portare l’Ue “dalla padella nella brace”, passando dalla dipendenza energetica dal gas e dal petrolio russi a un’altra dipendenza geopolitica dalla Cina e dall’Asia per quanto riguarda le materie prime necessarie alla transizione ecologica, le batterie delle auto elettriche, e le “tecnologie green”. “Il mondo è cambiato”, ha sottolineato Urso: siamo in un’altra epoca rispetto a pochi anni fa, come dimostra il gigantesco, inimmaginabile piano che hanno lanciato gli Stati Uniti per finanziare la loro rinascita industriale, anche con “misure protezionistiche”. E se gli Stati Uniti intervengono con forza per “tutelare le proprie imprese e i propri lavoratori, la propria autonomia strategica e quindi la propria indipendenza, le proprie libertà”, perché, ha chiesto il ministro, “l’Europa non dovrebbe farlo?” Insomma, ha concluso Urso, “posizioni che precedentemente erano state assunte in un contesto completamente diverso” oggi ” devono essere viste alla luce della realtà”. Loc

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