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Superbonus, Cande: 70mila aziende stanno per fallire, 2 mln di dipendenti a rischio

Protesta al Mef delle aziende aderenti al Cande

Roma, 16 mar. (askanews) – “Siamo sull’orlo del fallimento”. Lo slogan, scandito a più riprese dagli associati di CANDE, la Class Action Nazionale dell’Edilizia, nel corso della manifestazione tenutasi davanti al Ministero dell’Economia e delle Finanze, evidenzia lo stato comatoso in cui versano migliaia di imprese che si sono fidate dello Stato e ora rischiano di chiudere i battenti: “Sono 70mila le aziende che stanno per essere liquidate -afferma Igor Di Iulio, membro del direttivo e coordinatore del Lazio- a fronte di milioni e milioni di euro che vantano per i crediti derivanti in particolare dal Superbonus 110%. Il decreto 11 del 2023, il decreto Crediti, ha messo definitivamente la parola fine alla possibilità per il nostro settore di essere traino per il Pil nazionale”.

Qual è dunque la richiesta di CANDE? “Noi -continua Igor Di Iulio – vogliamo che vengano sbloccati i crediti e che ci sia chiarezza per ciò che sono i nostri soldi, perché in realtà quei crediti rappresentano il denaro che abbiamo investito nella ristrutturazione di appartamenti di altre persone. Vogliamo inoltre che venga prorogata la data del 31 Marzo per ultimare i lavori delle unità unifamiliari, perché non si potranno finire e i cittadini che hanno creduto in una legge dello Stato si troveranno oltre ad avere casa sfasciata -casa sostanzialmente ridotta un cantiere- a vedersi recapitata una cartella esattoriale per il doppio dei lavori fino adesso asseverati, con le conseguenze del caso”.

Se, ad esempio, si è avviato un lavoro di efficientamento energetico da 100mila euro, con lo Stato di avanzamento pari al 60%, quindi 60mila, l’Agenzia delle Entrate, qualora non si dovesse completare l’opera e effettuare il salto di due classi, chiederà all’ignaro cittadino il doppio dei 60mila euro. “Senza dimenticare -ricorda Igor Di Iulio – che molte famiglie hanno deciso di farsi demolire la casa per effettuare interventi anti-sismici perché fare in questo modo conveniva di più in termini economici. Il risultato è che quei nuclei non hanno più la propria abitazione. perché non si hanno i soldi per tirarla su, e devono pure pagare cartelle esattoriali salatissime. Oltre il danno, la beffa e questo sinceramente non lo si può accettare. Anche perché se non si paga il rischio pignoramento è dietro l’angolo”.

Milioni e milioni di euro incagliati e la spaventosa possibilità che molte imprese debbano procedere a licenziare i propri operai: “Solo la mia azienda -afferma Di Iulio – vanta quattro milioni di euro, di cui due milioni e mezzo nel cassetto fiscale e il resto da fatturare. Cosa che non faccio perché poi sarei costretto a pagare l’Iva. Una follia che si ripercuote anche sulla forza lavoro. A gennaio, 26 miei dipendenti si sono licenziati per giustificato motivo perché non li pagavo da ottobre e adesso sono in Naspi. Ma non sono l’unico caso. Questa è la condizione in cui versano, come dicevo, almeno 70mila imprese. Basta fare due calcoli per capire che qui sono a rischio almeno due milioni di posti di lavoro. Una cifra pazzesca che non può non determinare problemi di carattere sociale”.

Condomini a rischio pignoramento, aziende sull’orlo del fallimento, lavoratori mandati a casa. Il blocco dei crediti sta creando un disastro economico. Ma non è solo quello a indignare chi lavora nel mondo edile: “Non vogliamo -conclude l’imprenditore- essere trattati come delinquenti. Non lo meritiamo. Si parla di aumento dei prezzi fittizio, di lavori non eseguiti, di truffe. Sono tutte sciocchezze che poi sono smentite dai fatti. Proprio in questi giorni, il Mef ha diramato un comunicato in cui si dice che, l’anno scorso, sono stati pagati 50 miliardi di euro di tasse in più. Oltretutto, vi è stato un abbattimento del debito pubblico pari al 5% e tutto questo grazie al Superbonus e alla possibilità di pagare con crediti fiscali. A chi conviene interrompere questo ciclo virtuoso?”.

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