Studio della Stazione zoologica di Amendolara con l’Università di Pollenzo
Milano, 9 mar. (askanews) – L’impatto ambientale dell’allevamento dei mitili – cozze e altri prelibati molluschi bivalve – può essere drasticamente ridotto grazie all’impiego di materiali biodegradabili e compostabili -Mater-Bi- per la realizzazione delle reste e delle altre strutture di appoggio. E’ quanto emerge da uno studio realizzato dai ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Amendolara, in provincia di Cosenza, in collaborazione con l’Università di Scienze Gastronomiche.
I risultati dello studio hanno dimostrato che l’impiego delle reste in Mater-Bi durante l’intero ciclo produttivo dei mitili risulta una valida alternativa all’utilizzo dei classici materiali in plastica -calze in polipropilene- normalmente utilizzati e altamente inquinanti: durante gli esperimenti condotti il materiale biodegradabile e compostabile ha assicurato infatti migliori prestazioni in termini biologici, meccanici e ambientali.
Lo studio dei ricercatori della Stazione Zoologica Anton Dohrn di Amendolara è stato realizzato nel mar Piccolo di Taranto, ha inoltre verificato che dimostrato che le cozze mitili allevate nelle reste in Mater-Bi crescono più velocemente di quelli innestati nelle reste in polipropilene, con un evidente vantaggio per i mitilicoltori in termini di resa economica.
Nel progetto di ricerca per la prima volta è stat applicata l’analisi FT-IR complementarmente alla valutazione della colonizzazione batterica, per valutare cambiamenti superficiali dal punto di vista chimico delle calze in polipropilene ed in Mater-Bi. I risultati hanno mostrato che non sono presenti picchi aggiuntivi nello spettro delle plastiche (PP e Mater-Bi) rispetto al controllo, indicando che non è avvenuta alterazione della composizione chimica a livello superficiale nei campioni sottoposti al periodo di stabulazione. Inoltre dai test effettuati su terreni selettivi per la ricerca di microrganismi patogeni, non è stata evidenziata presenza di batteri patogeni o potenzialmente pericolosi per l’uomo.
Lo studio è stato presentato nel corso di un incontro di lavoro alla Stazione Zoologica Anton Dohrn di Amendolara. “Questo progetto sperimentale, realizzato nel Golfo di Taranto come area pilota – ha detto Teresa Romeo, direttrice della sede Sicilia della Stazione Zoologica Anton Dohrn che ha partecipato all’incontro – rappresenta un modello di innovazione che vede insieme ricerca, innovazione e imprese produttrici che operano al fine di garantire un’attività sostenibile nell’ottica di un’economia circolare, e che può fungere da studio pilota per fornire anche misure di gestione a supporto del settore della mitilicoltura da poter esportare su scala nazionale”.
La giornata ha costituito un’importante occasione per discutere le opportunità e le sfide dell’utilizzo di materiali biodegradabili e compostabili nel settore dell’acquacoltura, e per presentare le soluzioni innovative sviluppate dalla ricerca condotta dalla Stazione Zoologica Anton Dohrn in collaborazione con l’Università di Scienze Gastronomiche.
“Lo scorso dicembre presso il Ministero dell’Agricoltura abbiamo presentato come Ateneo insieme a diversi partner accademici e enti di ricerca il ‘Patto con il Mare per la Terra’, nato per connettere università, istituzioni, imprese, centri di ricerca per promuovere politiche di protezione dell’ecosistema marino e di conservazione della biodiversità, oltre che strategie di sviluppo sostenibile del settore e di promozione di buone pratiche – ha aggiunto Gabriele Cena dell’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo – Questo progetto, sviluppato grazie al sostegno da parte di Novamont, è un primo esempio di collaborazione concreta tra enti di ricerca, istituzioni e aziende private per trovare soluzioni innovative e concrete per ridurre l’impatto sugli ecosistemi marini”.
All’incontro di lavoro hanno partecipato tra gli altri anche il professor Silvio Greco; Carmen Rizzo, Chiara Giommi e Cristina Pedà, ricercatrici della Stazione Zoologica Anton Dohrn; e Francesco Marangione, rappresentante della Società Cooperativa CO.MI.OS. di Taranto.
In Europa si stima che le attività marittime come pesca e acquacoltura contribuiscono al fenomeno inquinante del “marine litter” -rifiuti marini- rispettivamente al 39% e al 14% con l’abbandono o perdita accidentale in mare di boe, reti, sacchi per mangimi, guanti e scatolame. Questi dati sono destinati ad aumentare a causa della crescente richiesta sul mercato di prodotti ittici destinati al consumo umano come pesce, mitili e crostacei in quanto importanti fonte alimentare. In particolare, in Europa i mitili costituiscono circa un terzo di tutti i prodotti provenienti da attività di acquacoltura, con una produzione che ha raggiunto le 522.400 tonnellate nel 2016, il 24,5% rispetto alla produzione mondiale.