L’analisi del ministero del Lavoro, Bankitalia e Anpal
Roma, 24 mar. (askanews) – Dalla fine del 2021 l’occupazione femminile è cresciuta fino a raggiungere livelli storicamente elevati. Negli ultimi due anni le donne hanno però occupato solo un terzo dei posti a tempo indeterminato.E’ quanto emerge dall’analisi “Il mercato del lavoro: dati e analisi” realizzata dal ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, dalla Banca d’Italia e dall’Agenzia nazionale per le politiche attive del lavoro.
Tre anni fa l’emergenza sanitaria causata dalla pandemia di Covid-19 aveva ampliato i divari di genere che caratterizzano il mercato del lavoro italiano. Nel 2020 le donne hanno perso più di 70mila posti di lavoro mentre l’occupazione maschile è aumentata di oltre 60mila unità. Dalla metà del 2021 l’occupazione femminile è invece cresciuta più velocemente, raggiungendo livelli storicamente elevati. Nell’ultimo anno e mezzo le donne hanno contribuito per quasi il 40 per cento alla creazione di posti di lavoro, un valore superiore di 2,5 punti percentuali rispetto al biennio 2018-19.
Queste dinamiche sono in gran parte dovute ai fenomeni di ricomposizione settoriale. Tra gli uomini, quasi un terzo dei nuovi posti di lavoro creati nel 2021-22 sono stati registrati nelle costruzioni. Il contributo del settore alla crescita complessiva dell’occupazione maschile è praticamente raddoppiato rispetto al 2018-19, erodendo la quota relativa del commercio e dell’industria in senso stretto. Il comparto edile continua invece a incidere solo marginalmente, per circa il 5 per cento, sulle attivazioni nette femminili: tra le donne, oltre la metà dei nuovi impieghi si sono concentrati nel commercio e nel turismo.
Negli ultimi due anni le donne hanno occupato circa la metà dei nuovi impieghi a termine, ma solo un terzo di quelli a tempo indeterminato. Il divario, evidente anche prima della pandemia, è riconducibile alla forte presenza femminile nelle attività di alloggio e ristorazione. In questi comparti più della metà dei posti di lavoro creati sono stati a tempo determinato, a fronte di un quarto nel resto dell’economia.