Attesa la sua nomina durante le Due Sessioni che iniziano domani
Roma, 3 mar. (askanews) – Da Li a Li. C’è un solo carattere di differenza nel modo in cui si scrive il nome del premier uscente e del premier entrante in Cina. Li Keqiang (quello con un ideogramma in più nel nome) dovrebbe lasciare – durante le Due Sessioni che iniziano domani e proseguiranno per un paio di settimane – il posto di capo dell’esecutivo a Li Qiang. Ma la sostanza politica cambierà di poco: al vertice della Cina c’è un unico direttore d’orchestra e si chiama Xi Jinping.
In realtà di Li Qiang, prima del XX Congresso del Partito comunista cinese di ottobre che ha sancito un inedito terzo mandato per Xi, al di fuori della Cina si era sentito parlare poco e, francamente, in maniera non proprio positiva. In particolare per la sua performance come capo del Partito a Shanghai durante la pandemia Covid-19. Ciononostante, tra qualche giorno sarà formalmente il numero due di Pechino.
Le Due Sessioni, che iniziano domani, sono la quasi concomitante riunione della Conferenza politico consultiva del popolo cinese (2mila delegati, partenza domani) e del Congresso nazionale del popolo (3mila delegati, avvio domenica), il “parlamento” cinese che è chiamato a formalizzare le decisioni prese dalla leadership. Si tratta di un appuntamento politico importante, ma da cui non c’è da attendersi particolari sorprese: l’incoronazione a premier di Li, di fatto, è avvenuta già quando il capo 63enne del Partito comunista di Shanghai è apparso immediatamente dopo Xi Jinping sul palco della Grande Sala del Popolo alla presentazione del nuovo Comitato permanente del Politburo, il sancta sanctorum del potere cinese, come numero due.
La scelta di Li Qiang come capo del Consiglio di stato, questa la denominazione dell’esecutivo cinese, è in linea insomma con la scelta di Xi di accentrare il comando circondandosi di “yes-man” e di sottolineare la primazia del Partito rispetto agli altri organi dell’architettura del potere. In questo senso, il leader non ha ritenuto che Li Qiang dovesse neanche farsi le ossa come vicepremier prima diventare premier, rompendo così una precedente prassi.
Li Qiang, come è accaduto a molti alti esponenti del potere cinese, viene dalla palestra di Shanghai, hub commerciale e industriale della Cina, un tempo feudo di Jiang Zemin. Quando a ottobre il suo nome è emerso come premier, c’è stata una certa sorpresa: Li era stato criticato per la gestione della crisi Covid a Shanghai, città che ha vissuto un devastante lockdown tra marzo e giugno dello scorso anno, anche con lo sviluppo di proteste. Il nome atteso come capo dell’esecutivo era invece quello di Wang Yang, che veniva dall’esperienza di vicepremier. Tuttavia questi ha un peccato originale: proviene dalla fazione della Lega dei giovani comunisti, che Xi vede come una rivale. Quindi, in linea con il suo approccio accentratore, ha optato per un lealista di minor peso specifico.
D’altronde Li Qiang ha relazioni con Xi da un ventennio. Quando Xi era il capo del partito nella provincia di Zhejiang, egli ne era il numero uno dello staff e il principale assistente. Parliamo degli anni che vanno dal 2004 al 2007, prima che Xi diventasse il capo del partito a Shanghai. E, con l’arrivo al vertice del paese nel 2012, Xi ha voluto che il suo ex collaboratore facesse carriera, nominandolo governatore di Zhejiang.
E’ stata l’esperienza in Zhejiang che ha formato il nuovo nucleo del potere che circonda Xi. Oltre a Li, da quel nucleo di governo provengono anche Cai Qi e Li Xi, entrambi inseriti nel Comitato permanente del Politburo costituito da ottobre e sostanzialmente composto solo da uomini di provata fedeltà.
L’uomo di punta del partito dello Zhejiang, dopo Xi, è proprio Li. Che non a caso il presidente ha voluto prima a capo della provincia di Jiangsu e poi del partito a Shanghai nel 2017, cioè nella posizione che lui stesso aveva ricoperto e che ha fatto da culla a tanti leader cinesi.
La funzione del premier è quella di gestire il day-by-day e di lavorare soprattutto sul tema dell’economia. La Cina, che esce da tre anni di Covid con una crescita fortemente ridimensionata anche a causa delle politiche Zero Covid volute da Xi (e perseguite con particolare rigidità, per molti eccessiva, da Li Qiang a Shanghai), vorrebbe basare la sua ripartenza soprattutto sull’innovazione e sull’industria hi-tech. La materia su cui lavorare c’è: un recente rapporto dell’ASPI (Australian Strategic Policy Institute) ha segnalato che Pechino appare in vantaggio sugli Usa e sugli altri paesi avanzati nell’ambito della ricerca in 37 dei 44 settori tecnologici chiave monitorati.
Li Qiang, nel suo quinquennio a capo del partito a Shanghai, in realtà è stato protagonista di molti accordi internazionali per investimenti e quindi presenta un profilo considerato favorevole agli affari. E’ tuttavia un neofita dei piani alti, che difficilmente si presterà a fughe in avanti sul piano internazionale. Già il suo predecessore, Li Keqiang, che pure aveva uno spessore politico più marcato (ed era stato visto, soprattutto nella prima fase dell’ascesa di Xi, come una possibile alternativa), ha potuto far ben poco in autonomia e il ruolo del premier si è gradualmente ridimensionato a quello di mero esecutore. Da Li Qiang, secondo la gran parte degli osservatori, non ci si può attendere molto di più. (di Antonio Moscatello)