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VIDEO | Crimini contro i Rohingya, l’Aia pronta al mandato d’arresto per il generale Hlaing

ROMA – Un mandato di cattura per crimini contro l’umanità a carico di Min Aung Hlaing, il generale alla guida dell’attuale giunta militare del Myanmar: la richiesta ufficiale arriva dal procuratore capo della Corte penale internazionale, Karim Kahn, ai giudici del tribunale con sede all’Aia.Khan sostiene di avere “ragionevoli motivi” per accusare Hlaing di deportazione e di persecuzione, reati che rientrano nei crimini contro l’umanità e che sarebbero stati commessi a danno della comunità musulmana dei rohingya sia in Myanmar che in Bangladesh, Paese verso cui tante persone sono da anni costrette a cercare rifugio e dove ha infatti sede uno dei campi per sfollati più estesi al mondo.I fatti fanno riferimento in particolare al periodo compreso tra il 2016 e il 2017.Hlaing è anche noto per essere ritenuto tra i principali responsabili del colpo di stato che nel febbraio 2021 rovesciò il governo democraticamente eletto della Premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, messa agli arresti e poi incarcerata nell’ambito di vari procedimenti a suo carico.

GLI ATTACCHI ALLA MINORANZA MUSULMANA DEI ROHINGYA

Nel dettaglio, l’indagine condotta dall’ufficio del procuratore capo della Cpi prende in considerazione il periodo che va dal 25 agosto 2016 al 31 dicembre 2017, quando una vasta operazione militare contro città e villaggi nello Stato orientale di Rakhine costrinse all’esodo 750mila birmani della comunità rohingya. L’inchiesta è stata aperta nel 2019.

Come evidenzia la testata Irrawaddy, ad oggi nella regione bengalese di Cox’s Bazar risiedono circa un milione di birmani rohingya. Nella pubblicazione si legge anche che “molti di coloro che se ne sono andati accusano l’esercito del Myanmar di omicidi di massa e stupri”. Gli attacchi contro i rohingya hanno anche sollevato, tra gli esperti di diritto internazionale, l’accusa di genocidio. Su questo è al lavoro la Corte di giustizia internazionale (Icj), il secondo e più antico tribunale internazionale con sede all’Aia, in Olanda. A denunciare la giunta birmana di genocidio è stato il Gambia nel 2019. A luglio scorso, i giudici dell’Icj hanno accettato l’stanza presentata da sette Paesi – Canada, Danimarca, Francia, Germania, Maldive, Paesi Bassi e Regno Unito – a intervenire nel procedimento a sostegno dell’accusa.Mentre la Corte penale internazionale giudica presunti crimini commessi da singoli individui, la Corte di giustizia dirime controversie tra Stati.

NOURY (AMNESTY): NOTIZIA IMPORTANTE, MA L’EFFICACIA DIPENDE DAL GRADO DI COLLABORAZIONE DEGLI STATI

“Il mandato di cattura per il generale Min Aung Hlaing è un passo molto importante”. Inizia così il commento per l’agenzia Dire di Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia. L’indagine, ricorda Noury, “aperta diversi anni fa, ed è stata resa possibile dal fatto che nonostante il Myanmar non sia uno stato membro della Corte, lo è invece il Bangladesh, dove centinaia di migliaia di rohingya si sono rifugiati nel corso degli anni e quindi gli effetti dei crimini contro l’umanità commessi nei loro confronti sono proseguiti esattamente in quel Paese”. Secondo il portavoce, “la cosa importante è che questo mandato di cattura sia confermato, perché basato su prove solide, e quindi emesso”.

Noury quindi osserva: “A un primo sguardo sembra ci sia un protagonismo della Corte penale, ma noi abbiamo sempre detto che la sua efficacia vale a seconda del grado di collaborazione degli Stati. Immagino che nel caso di Myanmar, una collaborazione da parte dei Paesi sarà più ampia rispetto a quella manifestata per il mandato di cattura che ha colpito il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu”. Quanto “all’altro crimine di diritto internazionale, quello di genocidio”, di cui l’esercito del Myanmar è stato accusato nei confronti della minoranza musulmana, “ricordo che un’altra corte, quella di Giustizia internazionale, che giudica gli Stati, sta esaminando il ricorso promosso dal Gambia proprio per l’accusa di genocidio”.
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