Eseguita in forma di concerto all’Auditorium di Roma a marzo 2022
Roma, 28 feb. (askanews) – È finalmente in uscita il 10 marzo la registrazione-evento della Turandot in forma di concerto eseguita all’Auditorium Parco della Musica di Roma a marzo 2022 e unanimemente lodata dalla critica internazionale: questa registrazione della grande ultima opera di Puccini segna una serie di importanti novità. Prima delle sessioni di registrazione tenutesi a Roma nel febbraio e marzo 2022, Sir Antonio Pappano non aveva mai diretto Turandot – sebbene sia un magistrale interprete pucciniano, come dimostra la sua discografia Warner Classic che ha all’attivo La bohème, Tosca, Madama Butterfly, Il trittico e La rondine. Anche Sondra Radvanovsky, il soprano del ruolo del titolo, e Jonas Kaufmann nel ruolo del suo impavido spasimante, Calaf, in precedenza non avevano mai interpretato l’opera. E mentre la discografia esistente offre una serie di famose registrazioni in studio di Turandot, nessuna aveva mai incluso l’intera e cruciale scena finale dell’opera, completata nel 1925, dopo la morte di Puccini, dal compositore Franco Alfano.
Il successo dell’intero progetto è stato confermato dall’esecuzione in forma di concerto, accolta da una standing ovation, che ha avuto luogo all’Auditorium Parco della Musica di Roma pochi giorni dopo il completamento delle registrazioni. La critica internazionale, presente in sala in gran numero, ha accolto l’esecuzione con grande entusiasmo e unanime consenso, sottolineando la perfetta intesa tra podio, solisti, orchestra e coro dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, che ha permesso di dare grande rilievo al senso drammaturgico di ogni momento della partitura e di “scoprire una nuova Turandot”.
Antonio Pappano racconta così la genesi del completamento dell’opera per mano di Alfano che rende questa registrazione unica nel vasto catalogo internazionale:
“Le condizioni di salute di Puccini e poi la sua morte gli impedirono di portare a termine il duetto finale in cui Calaf conquista finalmente l’amore di Turandot. La scena fu invece completata – o, per essere più precisi, in gran parte ideata – da Franco Alfano (alla sua morte, Puccini lasciò soltanto alcuni abbozzi). Ma il direttore Arturo Toscanini espresse forti perplessità e chiese ad Alfano di modificare la struttura e di tagliare più di 100 battute. È dunque la “versione di Toscanini” quella che oggi si ascolta più spesso, ma sono riuscito a convincere Sondra Radvanovsky (la nostra Turandot) e Jonas Kaufmann (il nostro Calaf) ad accettare l’idea di registrare la versione originale di Alfano, nonostante il suo stile così ricco di fantasia. La “principessa di ghiaccio” si lascia sedurre in modo più graduale e dunque in questa versione originale tutto risulta più convincente. Credo che Alfano si sia ispirato all’idea tedesca secondo la quale i personaggi d’opera attraversano un processo di purificazione durante il quale capiscono da cosa sono stati turbati e possono così liberarsi dei loro demoni. Mi ha entusiasmato l’impegno e la gioia con cui Sondra e Jonas hanno cantato questa Turandot! È necessario avere i cantanti migliori, perché la scrittura è spaventosamente ardua. Per quest’opera sono stato molto fortunato ad avere a disposizione un cast ideale, così ogni personaggio ha preso davvero vita”.
Tutto il cast è stato ampiamente elogiato dalla critica internazionale, a partire dal soprano statunitense Sondra Radvanovsky, sia per la potenza vocale sia per la delicata finezza d’accenti, e da Jonas Kaufmann, sempre un maestro nell’offrire un’ampia palette di colori vocali e ricchezza emotiva. Ai due protagonisti si è aggiunto il soprano albanese Ermonela Jaho nel ruolo della schiava sacrificale Liù, disperatamente innamorata di Calaf, che ha ispirato alcune delle musiche più toccanti di Puccini.
Il cast si completa con il basso Michele Pertusi nel ruolo del padre cieco di Calaf, il re Timur; Michael Spyres – tenore stellare nel ruolo del padre di Turandot, l’Imperatore della Cina; Mattia Olivieri, Gregory Bonfatti e Siyabonga Maqungo nei panni vocalmente così importanti dei funzionari di corte Ping, Pang e Pong, nonché la voce scura di Michael Mofidian nel ruolo del Mandarino, il cui grande proclama apre l’opera dopo la percussiva l’introduzione orchestrale. A istruire il Coro e le Voci bianche dell’Accademia di Santa Cecilia, Piero Monti.