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Trump e l’Asia: preoccupazione dopo le prime nomine

Ma il presidente eletto Usa è noto per la sua imprevedibilità
Roma, 28 nov. (askanews) – L’Asia si prospetta come il fulcro del secondo mandato della presidenza Trump negli Usa, così come fu il primo, e il presidente eletto sta delineando la sua squadra per affrontare la questione centrale dei rapporti economico-commerciali con la Cina. E le prime nomine suscitano preoccupazione non solo a Pechino, ma anche nelle capitali amiche della regione.
Trump torna al potere dopo quattro anni, con uno scenario molto cambiato rispetto all’inizio del primo mandato, quando dové imprimere una forte sterzata protezionista a una situazione internazionale fortemente globalizzata. Oggi, il protezionismo è maggiormente interiorizzato e i quattro anni con Joe Biden alla Casa bianca, per quanto riguarda la Cina, non hanno segnato una vera modifica nelle politiche Usa.
Anzi, l’amministrazione Biden ha firmato importanti leggi per investire nella manifattura americana e ha imposto vari controlli sulle esportazioni e sul commercio per contenere i progressi tecnologici della Cina.
Le prime nomine di Trump danno l’idea di un’amministrazione fortemente ostile alla Cina. Il prossimo segretario di Stato Marco Rubio e il futuro segretario alla Difesa Pete Hegseth sono stati fortemente critici nei confronti di Pechino. Altrettanto il prossimo consigliere per la Sicurezza nazionale Mike Waltz.
A gestire l’aspetto economico-commerciale, però, saranno il futuro segretario al Commercio Howard Lutnick e il nuovo rappresentante per il Commercio Usa Jamieson Greer (confermato dal primo mandato di Trump), noto per avere un approccio duro sui dazi.
Tuttavia, a dispetto di quanto suggeriscono queste nomine, nessuno si azzarderebbe a scommettere su quali saranno le decisioni di Trump, che è uno dei leader più imprevedibili della storia americana.
Sul fronte delle “colombe” si dovrebbe collocare il prossimo segretario al Tesoro Scott Bessent e diversi analisti si chiedono quale ruolo potrà avere Elon Musk, che si sta comportando da consigliere del futuro presidente, oltre alla nomina del nuovo Dipartimento per l’efficienza governativa (DOGE), affiancato dal miliardario Vivek Ramaswamy.
Musk ha forti interessi in Cina e Tesla, la principale azienda della galassia Musk, produce una parte significativa dei suoi ricavi proprio in Cina.
Ma l’Asia non è solo Cina. Trump nel primo mandato mise nel mirino dei suoi dazi anche altri paesi, che fossero alleati o meno. Vietnam, Giappone e Corea del Sud, ma anche Thailandia e Taiwan potrebbero diventare potenziali bersagli.
In questo senso, questi paesi potrebbero essere costretti a scelte difficili tra Usa e Cina. Una polarizzazione più estrema tra Pechino e Washington potrebbe costringere diversi paesi asiatici a una scelta più netta, anche sul fronte commerciale. Ma, nello stesso tempo, la politica dei dazi potrebbe costringere paesi strettamente legati agli Usa – Giappone, Corea del Sud, Taiwan – a ragionare sul proprio approccio commerciale a Pechino.
Al momento, nessuno si sbilancia. Anche perché mancano alcune nomine cruciali, per quanto meno visibili di quelle già indicate. Per esempio, il sottosegretario al Tesoro per gli affari internazionali ha un ruolo centrale nei rapporti commerciali con Pechino e il sottosegretario al Commercio per l’industria e la sicurezza gestisce i controlli sulle esportazioni.

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