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Tra pandemia e vita digitale: viaggio nel disagio dei giovani

Intervista con lo psichiatra Furio Ravera: mancano le narrazioni

Milano, 23 feb. (askanews) – Post pandemia, soffocamento digitale, aspettative e tensioni familiari. Essere giovani nel 2023 è complesso e gli stati di disagio sono sempre più diffusi. Ne abbiamo parlato con lo psichiatra Furio Ravera, della Casa di cura Le Betulle, specializzato in disturbi della personalità e tossicodipendenze. “Da un rilievo fatto nella seconda metà del 2020 – ha detto ad askanews – sembra che i suicidi giovanili siano aumentati del 10% rispetto alla percentuale del 5% di tutta la suicidaràietà giovanile come causa di morte. Però il punto è che non dobbiamo parlare di disagio per la pandemia, dobbiamo parlare di disagio globale”.

Disagio che, durante la pandemia, ha riguardato anche i genitori e l’ulteriore difficoltà di esercitare il proprio ruolo. Soprattutto in un mondo in cui la vita digitale sta diventando sempre più pervasiva. “La prima cosa da dire sul processo di digitalizzazione – ha aggiunto il medico – è il fatto che il corpo è meno presente nelle relazioni, che sono a mezzobusto, che hanno lo schermo come protezione difensiva; sottrae molta della comunicazione che c’è tra esseri umani attraverso il linguaggio del corpo, l’espressività e così via”.

Un fenomeno preoccupante riguarda l’aumento dei casi di depersonalizzazione, legati per esempio all’abuso di videogiochi. Ma anche i social network sono ambienti che possono indurre disturbi della personalità. “I quadri peggiori con i quali mi sono confrontato – ha detto Ravera – non sono quelli dell’ossessione per i like, che riguarda un po’ di malumore, quanto piuttosto lai potenza di emarginazione che riesce ad avere il mezzo che utilizza il like, perché ci sono ragazzine che si sono trovate di fronte al collasso dei like da parte dei cosiddetti amici e amiche e questa è come la materializzazione dell’isolamento, percepito attraverso la macchina”.

Isolamento che, e questo vale anche per le sfide autolesionistiche che spesso coinvolgono i ragazzi in Rete, non ha un reale motivo su cui fondarsi. “Il concetto sostanziale – ha concluso Furio Ravera – è che oggi ci troviamo di fronte a delle manifestazioni che non hanno nessuna narrativa, non c’è dietro niente. E questo secondo me è molto pericoloso, perché la psiche sta in piedi per narrative coerenti”.

E nel vuoto di senso la deriva diventa più frequente.

(Leonardo Merlini)

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