Per la premier prima serve un accordo sul Patto di stabità e unione bancaria
Bruxelles, 24 mar. (askanews) – L’Unione europea fa sentire la pressione sull’Italia per la ratifica del Mes ma Giorgia Meloni ancora frena. A rilanciare il tema dell’ok di Roma è stato il presidente dell’Eurogruppo Paschal Donohoe arrivando questa mattina all’Eurosummit. “E’ importante che andiamo avanti con la piena ratifica del Meccanismo Europeo di Stabilità, per assicurare che il Fondo di risoluzione unico abbia il supporto che è stato già concordato che debba avere”, ha detto. Donohoe non ha citato l’Italia, ma il riferimento è chiaro dato che il nostro è l’unico Paese a non averlo ancora approvato.
Più tardi, a una domanda precisa, il numero uno dell’Eurogruppo ha sottolineato che “il modo in cui ciò accadrà spetta al Parlamento italiano e, naturalmente, al Governo italiano”. Ma deve essere chiaro “il valore della ratifica del trattato nel suo complesso da parte di tutti i membri, perché giocherà un ruolo prezioso nel modo in cui potremo rafforzare la nostra collaborazione per tutti”. Anche il presidente francese Emmanuel Macron, rispondendo a una domanda in conferenza stampa, ha auspicato un completamento dell’iter “nel minor tempo possibile” anche se “la parte che è importante per situazioni come quelle che stiamo vivendo è stata già fatta, ed è quella che permette una supervisione comune e degli interventi sugli attori”.
Un messaggio chiaro, da parte delle istituzioni Ue, che però Meloni non recepisce. Come già detto più volte nelle scorse settimane, infatti, per la presidente del Consiglio la ratifica è la fine e non l’inizio di un percorso. “Credo che la materia non vada discussa a monte ma vada discussa a valle e nel contesto nel quale opera”, ha detto oggi rispondendo a una domanda al termine dell’Eurosummit. In pratica, è il suo ragionamento, in un contesto mutato rispetto al passato (e anche con la tempesta iniziata sulle banche), prima occorre discutere della governance europea, dell’unione bancaria e solo dopo del Mes, che comunque considera uno strumento non efficace e a cui l’Italia non aderirà mai, finchè sarà al governo. Per lei ci sono altri strumenti “più efficaci”. Ad esempio – ha rilevato – stamattina abbiamo discusso dell’Unione bancaria e sul tema di un backstop”, una barriera di protezione, il Mes “è una sorta di Cassazione, il primo e il secondo grado sono l’Unione bancaria e le materie che sono state discusse questa mattina, quindi è un ragionamento del quale non si può discutere se non in un quadro complessivo”. Tenendo presente però che l’iter per la modifica del Patto di stabilità e crescita andrà avanti a lungo (l’Italia, ma non solo, auspica che sia approvato entro il 2023) bisognerà vedere per quanto tempo Meloni riuscirà a evitare di portare in Parlamento la ratifica, dove la maggioranza rischierebbe perchè la Lega molto difficilmente darebbe il suo ok. Certo, tenere la pratica in sospeso può essere anche un mezzo per far pressione nella trattativa sulla governance, ma questo potrebbe rivelarsi anche un gioco rischioso, a maggior ragione in una fase di turbolenza sui mercati finanziari.
“Sul Mes – attacca il deputato di +Europa Benedetto Della Vedova – arranca, cerca scuse inesistenti. L’Italia deve ratificare la riforma del Mes, nell’interesse di tutti i paesi dell’Euro a partire dal nostro. Siccome lo farà, la melina di Meloni non serve a nulla se non a perdere credibilità ed autorevolezza”. Per Enrico Borghi (Pd) “la premier viene iscritta d’ufficio al club dei pifferi di montagna, che andarono per suonare e tornarono suonati. Prossima puntata di questa serie: il Mes. Questione di tempo”.